Les femmes et l’économie


In questo giorno di festa internazionale (cioè presente in molte nazioni… tranne in Francia, a quanto pare) della donna, per cui Google spende addirittura un Doodle, ma non nella sua versione francese (a dire il vero nemmeno google.nl ha il doodle della festa della donna), vorrei evitare di perdermi nella festa, per non finire nell’ipocrisia, e vorrei parlare di altro.
Siccome una amica, che, per mantenerne l’anonimato, chiameremo Andruzza, mi ha suggerito di fare un pò di storia di questa festività, dirò quello che so sulla festa. Intanto ne avevo già lasciato una traccia in questo post del 14 maggio 2006. Ci sono due versioni: una fa risalire la festa, e la sua data, all’8 marzo 1917, data in cui le donne di San Pietroburgo manifestarono per rivendicare la fine della guerra. La manifestazione segnò il crollo dello zarismo e l’inizio della Rivoluzione russa di febbraio.
La seconda versione, ritenuta però fantasiosa, fa coincidere la festa con un rogo avvenuto nella fabbrica di Cottons. Tale versione sembra però essere una enorme bufala, come si può leggere in questo interessantissimo post, secondo cui addirittura l’azienda di Cottons non esisterebbe, e quella a cui si fa riferimento invece è l’incendio alla Triangle Factory.

Invece volevo parlare rapidamente e banalmente di economia. Io sento girare tante teorie a riguardo in questo difficile periodo: in tempo di crisi qualunque cazzata sull’economia sembra assumere rilevanza per qualcuno. Sembra sempre una lotta di classe tra ricchi e poveri, la gente fa sempre moralismo nelle tasche degli altri. Chi è povero si scatena su chi prende grandi stipendi anche se se lo merita, chi è ricco dice che non è togliendo qualcosa a qualcuno che si risolve una crisi. A me la cosa sembra banale: c’è tanta gente con pochi soldi, pochissimi, a volte meno di quello che serve per vivere.
Poi ci sono altri che di soldi ne han così tanti che possono impegnarsi in altre cose, come la politica, riuscendo così a trovare nuovi mezzi per accumulare nuovi soldi. Ma il punto sembra essere basato solo su chi riesce ad accumulare e quanto, invece l’economia si basa su una cosa semplice: il giro dei soldi. Ogni persona deve produrre per avere soldi, deve dare un pò di soldi allo stato e deve poter spendere gli altri.
Solo che se c’è tantissima gente che non ha i soldi per vivere, cosa succede? Che ci saranno tantissime persone che faranno fatica ad acquistare i beni di primaria necessità, ma la maggior parte dei soldi saranno in mano a persone che non hanno nemmeno il tempo per spenderli tutti, e quelli che spendono li spenderanno in beni di lusso. Questo crea un forte squilibrio, perchè si blocca il ricircolo di soldi.

Faccio un esempio. Ammettiamo che l’80% delle persone prenda più di 30.000 euro netti all’anno. Un paese molto ricco, direi. L’80% della gente si potrebbe permettere qualunque tipo di bene, a parte forse i beni di lusso che resterebbero per quella parte della popolazione che guadagna molto più di 30.000 euro. L’80% delle persone potrebbe permettersi una macchina, ad esempio, magari pagata a rate, potrebbe permettersi una fotocamera, un orologio buono, la playstation per il figlio, il telefonino di ultima generazione… Ogni acquisto porta tasse allo stato, soldi alle aziende, e con le aziende si ha lavoro, quindi altra gente che col suo lavoro può permettersi questi beni.
Arriva la crisi (una crisi che, bene inteso, colpisce in un periodo dove, in Italia, i ricchi come Berlusconi han fatto in modo di generare già di loro un divario tra ricchi e poveri) e la soglia di quelli che hanno quei famosi 30.000 euro netti l’anno scende. Diciamo al 60%. Vuol dire che il 20% delle persone non può sicuramente rinunciare ai generi di prima necessità: comprerà ancora il pane, pagherà ancora le tasse, pagherà ancora l’affitto. Non comprerà più la fotocamera, il computer, il cellulare… meno soldi che girano in quei settori. Le aziende dei settori che creano beni non di primaria necessità andranno in crisi, tipo le auto.
Continuate questo discorso aumentando il divario tra chi ha poco e chi ha tanto e cosa succederà? Semplice: i beni non di primaria necessità andranno tutti in crisi, le aziende associate dovranno licenziare, aumentando le persone che non han soldi. In genere i soldi non si distruggono, ma se vanno ancora in mano a chi ha tanto, verranno semplicemente accumulati in banche, che di loro generalmente non investono in produzione, ma in cose astratte (tipo le azioni, le obligazioni… cose che di fatto dovrebbero aiutare le aziende, ma di fatto tendono a rimanere accumulati). Se poi la crisi nasce dalle banche stesse, queste smetteranno anche di prestare alle piccole aziende, generando ancora più ristagnamento, più licenziamenti, più crisi.

Meno ricircolo di soldi, meno produzione, meno tasse, più soldi nelle banche, in mano a poche persone che non li spendono, meno soldi allo stato, meno soldi da spendere in cose pubbliche, meno servizi, meno opere pubbliche… Ovvero si crea quel serpente che si morde la coda: i soldi vengono sempre più accumulati inutilmente, creando una crisi sempre maggiore causata dal ristagno.
Per questo motivo lo stato dovrebbe fare pagare chi fa ristagnare i soldi. Perchè togliere a chi ha tanto non è un fatto di giustizia divina, è solo l’unico modo per riattivare l’economia. Se abbassiamo le tasse a chi ha poco e le alziamo a chi ha molto, diamo a chi ha poco il potere d’acquisto per comprare beni che aiutano le aziende a produrre e a dare nuovi stipendi, cioè a creare più gente che può acquistare beni. Quindi alla fine aiutiamo tutti: la gente a vivere (dignitosamente), le aziende a produrre e vendere, lo stato a ricevere più tasse dalla produzione e dalla vendita.
Inoltre colpendo i più ricchi non è che li penaliziamo: penaliziamo solo quelli che sono ricchi senza essere produttivi perchè il ricco che ha una azienda diventa ancora più ricco se, pagando un pò più di tasse, la sua azienda riesce a vendere però più prodotti perchè improvvisamente la gente sta un pò meglio e li può comprare. Essere un capo ricco di una grande azienda in fallimento non serve a niente, meglio avere pagato due tasse in più ma essere un capo di una azienda produttiva.
La strada quindi non è quella di mettere più tasse per tutti, compresi i poveri. Quello è accettabile solo come rimedio immediato, per un anno, due al massimo. La strada è colpire gli evasori, i grandi movimenti bancari, gli investimenti azionari, i grandi capitali immobilizzati nelle banche…. E pensare anche che se bisogna fare delle manovre immediate, non bisogna colpire solo pensioni e stipendi dei poveracci, colpire cioè “dove puoi empre colpire“, ma soprattutto bisogna togliere un pò di soldi a chi ne ha moltissimi e ridistribuirli a chi non vede l’ora di riattivare l’economia, ovvero coloro che se gli dai 1000 euro te lo spendono in un giorno: i giovani senza soldi.

Se una persona ha 100 miliardi di euro al mese e 50 milioni di persone han 10 euro, 50 milioni di persone spenderanno quei 10 euro per mangiare, e la persona straricca potrà spendere quanto? 500.000 euro? Un milione? In un mese saranno girati 501 milioni di euro. Se ridistribuiamo i 100 miliardi, e quindi 50 milioni e una persona invece hanno 20.000 euro al mese, è più facile che tutti spendano almeno mille euro, che vuol dire che al mese gireranno circa 50 miliardi di euro, inoltre ben distribuiti in tutti i settori di produzione.
Questo è il mio punto di vista. Stay tuned!

PS: se non mi sono spiegato bene, è perchè scrivevo sentendo Servizio Pubblico, e non è semplice.


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