La mia avventura sta per cominciare! Mercoledì 7 settembre 2011 partirò finalmente per Parigi, tanto euforica quanto spaventata.
Come dicono tutti, l’Erasmus è un’esperienza indimenticabile. Ti permette di vivere per un periodo abbastanza prolungato in un Paese straniero, assaporando non solo l’atmosfera del posto, ma anche le tradizioni, gli usi e i costumi di una popolazione diversa dalla propria.
Io vado in Francia, il mio “Paese preferito”. So bene quanto questa mia passione non sia condivisa tra la maggior parte delle persone, ma per me questo Stato è veramente unico. Ogni volta che ho l’occasione di andarci è una festa, e questo lo sa bene Andrea, vista la “scenata” (di gioia, ndr) che gli ho fatto la prima volta che abbiamo raggiunto Juan-les-Pins, al termine degli esami universitari di giugno.
Peraltro, compiendo questo viaggio, posso considerarmi due volte soddisfatta. Oltre ad essere in Francia, sarò a Parigi, la Ville Lumière, la Ville de l’Amour (e non a caso, ho costretto Andrea a venire su a trovarmi!).
Adesso è giovedì, e mancano esattamente 5 giorni, 21 ore, 50 minuti e 44 secondi alla partenza, come Andrea mi ricorda costantemente attraverso il timer presente sul suo blog.
Come si sente una ragazza Erasmus prima dell’imminente partenza? Euforica, innanzitutto. Andrò lì, e frequenterò un’Università straniera, abiterò con ragazze pressoché sconosciute, in una città gigantesca (soprattutto per coloro che, come me, vengono da paesini stile Brugnato). Ma sono anche preoccupata. E non solo dalla novità. Vivere a Parigi comporta anche spese che a Forlì neanche immaginavo. E vi posso assicurare che mantenere una figlia all’Università, soprattutto all’Estero, comporta sforzi enormi per i genitori. Contrariamente a chi dice che l’Università è la portata di ogni famiglia media, io affermo che è difficile, che bisogna lottare per continuare. Per raggiungere i propri obiettivi. Non a caso, attraverso i consigli preziosissimi di un fidanzato un po’ “Maestro”, ho già cercato e trovato due lavoretti adatti a me e al tempo che posso dedicar loro. Non sarà facile vivere in una metropoli come Parigi, studiare e lavorare. Ma l’Erasmus è anche questo. E sfida, sforzo, spirito di adattamento. Oltre che studio, e divertimento.
A presto, per raccontarvi tutti i dettagli della mia avventura!
Jessica
2 responses to “Erasmus de la Jejy – Introduction”
ciao jessica,
sto cercando di darmi delle spiegazioni leggendo i vari blog di voi ragazzi per capire cosa fare con questo benedetto erasmus !
Mia che chiamerò Miss M è stata scelta per un erasmus di 10 mesi alla Sorbonne di Parigi ! ma ti rendi conto 10 mesi alla Sorbonne ero al settimo cielo più grassa di un tacchino dalla soddisfazione !!
Ora mi ritrovo con una figlia in preda ad una crisi nel cuore di Parigi che vuole ridurre il periodo o forse anche rientrare !! lMi sono sbattuta come dite voi per trovarle una sitemazione e per darle ogni tipo di supporto morale – ma niente. Ogni telefonata è una tragedia sento una voce stance e priva di entusiasmo.
Ho provato a frle capire il gusto della sfida..ma sforzi vani…
che faccio butto la spugna…la vita è sua…ma come faccio a farle capire che è un’opportunità che può aprirle delle porte diverse ??
Jessica ti sento bella combattiva ! Brava
Ciao,
scusami per il ritardo nella risposta. La vita a Parigi, oltre ad essere complicata, è anche estremamente caotica.
Allora, premetto di capire tua figlia a perfezione. Il fatto di essere combattiva, carica e piena di energia, non implica il non sentirsi giù, almeno talvolta. In questo momento, sto seguendo le lezioni (già di per sé stancanti) e sto lavorando, per potermi permettere la vita parigina.
Certo, per me è forse più semplice scorgere la fine del mio Erasmus, questa esperienza tanto importante quanto debilitante per lo studente che si trova all’Estero. Forse per tua figlia la situazione è più complicata… dieci mesi sono tanti, e implicano un intero anno accademico fuori dal tuo Ateneo. Tuttavia, io non permetterei di farle rinunciare a questa esperienza, almeno non ancora. Il percorso è lungo, e spesso in miglioramento. A questo proposito, ti potrei citare il mio viaggio a Wuerzurg di due anni fa. Si trattava di una Borse di Studio nazionale, qualcosa di estremamente ambito. Il giorno della partenza, ero entusiasta come non mai. Nel giro di tre giorni, tuttavia, ero a pezzi… Si trattava di un solo mese all Estero, ma mi sembrava eterno. Ho contattato mia mamma, quasi pregandola di farmi tornare indietro. Lei mi ha fatto ragionare, ma non ha acconsentito. E aveva ragione.
Oggi, ho 20 anni, sono quasi completamente indipendente. Studio a Forlì (fuori sede, dunque) e ho scelto di fare l’Erasmus a Parigi. Probabimente non ne sarei stata in grado se all’epoca non avessi lottato così, se non avessi resistito. I momenti duri ci sono, e ci saranno. Ma conto di superarli con il supporto dei miei genitori (da lontano, amneo via Skype) e del mio ragazzo, che si sorbisce quotidiane lamentele sulla mia vita parigina.
Cara madre disperata, io farei ragionare tua figlia. Si tratta solo della mia opinione, ma magari vi porterà a parlare, e a trovare una soluzione. Nel frattempo, ti dico che anche sono a Parigi… nel caso servisse, io potrei rappresentare un piccolo punto di riferimento italiano per tua figlia.
A presto,
Jessica