Erasmus Jejy – L’Université à l’Etranger


Bonsoir,

siamo a domenica sera, fine di questo weekend. E domani sarà una giornata un po’ particolare, visto che inizierò finalmente l’Università qui a Parigi. Più precisamente, studierò all’ISIT, una Grande Ecole di Traduzione e Interpretariato.

Sarà sicuramente una grande esperienza, ne sono sicura. Mi arricchirà tanto, sia umanamente parlando, che dal punto di vista universitario e professionale. Ma vi assicuro che non è facile da affrontare. Gli studenti Erasmus vengono infatti catapultati in un mondo non loro, dove ogni punto cardine della propria Università viene bouleversé. Nulla è come in Italia, come a Forlì.

Prima di tutto, il sistema di votazione. I Francesi hanno voti che oscillano tra l’uno e il venti (il nostro trenta e lode). Il che implica che, una volta tornati a casa, i nostri docenti dovranno attuare una proporzione per capire cosa mettere nel nostro libretto.

Qui apro una parentesi. I Francesi sono tirchi da morire con i voti, specie nei confronti degli Erasmus. Quindi, non solo fai tanta fatica nell’adattarti al loro sistema e nel seguire le loro lezioni, ma torni anche a casa con voti medi (23/24), che alla SSLMIT di Forlì avresti probabilmente rifiutato.

Secondo punto, le lezioni. Ti viene dato all’inizio del Corso un Emploi du temps, nel quale sono contenute tutte le tue lezioni settimanali. Il problema è che, nonostante tu abbia diligentemente compilato un LA (Learning Agreement) secondo lo standard europeo, i professori francesi ti danno un pacchetto di ore sommario, che poi tu devi (se riesci) modificare secondo le tue necessità.

Ultimo difficoltà, ma non meno ostacolante delle altre, è la burocrazia che sta dietro un Erasmus. Credo fermamente che, se alla pubblicazione del bando di concorso gli studenti sapessero cosa ci sia dietro questa fatidica partenza, rinuncerebbero, almeno in buona parte.

Troppi documenti, troppi fax, troppe mail da inviare. Abbiamo l’obbligo di caricare sul portale dell’Università il certificato di arrivo, il certificato di partenza (alla fine del soggiorno), il LA, e così via. Oltre a fare centinaia di documenti per ottenere la borsa di studio dall’Unione Europea e dal proprio Ateneo.

Insomma, è ardua. Ripeto, è da fare. Si tratta pur sempre di un’esperienza unica, che caratterizza inevitabilmente la visione (e anche la successiva carriera) di uno studente. Ma deve essere affrontata con calma e sangue freddo, per non essere assaliti dall’angoscia che coglie i più.

A presto 🙂

Jessica


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